sabato 8 gennaio 2011

Beppe Alfano

Solo qualche giorno fa ho scritto un post per ricordare Pippo Fava, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984, ma non è stato, purtroppo, l'unico giornalista ucciso da "cosa nostra", anzi.

Oggi a Barcellona, in provincia di Messina, e dunque sempre sulla costa orientale della Sicilia, si è commemorato un altro giornalista, Beppe AlfanoBeppe Alfano, ucciso la sera dell'8 gennaio 1993.

Era un giornalista, come oggi non ne esistono quasi più, oggi abbiamo del giornalista un'idea assai particolare un gossiparo che c'informa della liason di monsieur le president, o della presunta gravidanza dell'attricetta o della velina, oggi chiamiamo giornalista chi va dietro a quelle soap opera o fiction reality sui delitti dei vari Garlasco, Cogne, Perugia, Avetrana (Vespa docet!). Alfano no, Alfano rivolgeva il suo interesse di giornalista verso uomini d'affari, mafiosi latitanti, politici e amministratori locali. Era uno che dava fastidio Beppe Alfano, parlava troppo Beppe Alfano, era uno scomodo Beppe Alfano. E la mafia sa. Sa che cos'è fare il giornalista, sa che fare il giornalista sul serio è un mestiere che può dare molto fastidio all'illegalità o al potere colluso e i giornalisti che danno fastidio si fanno zittire. Beppe Alfano, Pippo Fava, non sono soli in questo elenco terribile.

venerdì 7 gennaio 2011

Piersanti Mattarella


6 gennaio 1980

mattarellaPiersanti Mattarella era presidente della Regione Siciliana, tanto per capirci occupava la carica istituzionale che negli ultimi anni ha visto personaggi del “calibro” di Totò Cuffaro e, in questi anni, di Raffaele Lombardo.

Piersanti Mattarella era esponente della DC, allora il maggior partito italiano, quello che conquistava il favore della maggioranza del popolo italiano, quel popolo che sembrava avere intuito che la nostra democrazia, spacciata come un dono dei “liberatori” angloamericani, era bloccata, bloccata proprio per volontà di quegli stessi liberatori, che, come avremmo saputo in seguito, avevano costituito in Italia un’organizzazione stay behind chiamata gladio, che avrebbe dovuto impedire, con una risposta armata, un’eventuale vittoria del partito avversario, in quel caso le sinistre. E a Portella della Ginestra, proprio in Sicilia, gladio diede prova delle proprie capacità di cane da guardia della “democrazia” massacrando famiglie di contadini (11 morti e 71 feriti) che erano andate in quei luoghi a festeggiare il primo maggio del 1947, una decina di giorni dopo la vittoria del blocco delle sinistre, che avevano ottenuto la maggioranza relativa alle elezioni siciliane.

6 gennaio 1980

Piersanti Mattarella era figlio di un potente notabile del partito di maggior consenso in Italia, il partito che raccoglieva nelle proprie file tanti progetti eterogenei, quello di Giuseppe Dossetti, quello di Giorgio La Pira, quello di Alcide De Gasperi, ma anche quello di tanti camaleonti, che è il vero nome dei gattopardi di casa nostra, gente che s’era trovata a proprio agio tra le file del fascismo e che si riciclava con abilità, ma anche gente che conosceva bene la dura legge della oppressione che nella nostra terra si incarna da sempre nella mafia.

Il padre di Piersanti, Bernardo, era dunque un potente notabile, eletto nell’Assemblea Costituente, più volte ministro della Repubblica, ma più volte sfiorato dal sospetto d’essere stato contiguo con ambienti mafiosi.

6 gennaio 1980

Il giovane Piersanti cresceva mangiando pane e politica, ma la sua visione politica, inserita nel progetto della DC, si alimentava dell’ istruzione religiosa che acquisì nel suo soggiorno di studio a Roma, e si accrebbe grazie all’attività dell’Azione Cattolica, ed ebbe come ispiratori uomini come Giorgio La Pira ed Aldo Moro. Insomma il giovane Mattarella apparteneva alla DC, ma ad una DC diversa rispetto a quella che aveva visto il padre proptagonista (la Balena Bianca, come sarà poi chiamata la Dc, l’ho già detto, aveva molte anime ed alcune in profondo contrasto, come si può constatare ai nostri giorni dagli esiti del disciolto partito che ha visto la diaspora, la frantumazione in vari rivoli spesso divergenti).

Prima consigliere comunale a Palermo, poi assistente ordinario presso l’Università di quella città, fu eletto, nel 1967, ancora era vivo il padre, all’Assemblea regionale siciliana, e rieletto per altre tre legislature. Nel 1971 divenne assessore regionale alla Presidenza e nel 1978, il padre, frattanto, era morto, divenne presidente della Regione siciliana, a capo di una giunta di centro sinistra, con il sostegno esterno del PCI, come in quegli anni avveniva a Roma ad opera di Moro. A Roma lo rapirono Aldo Moro e poi l’uccisero, proprio in quell’anno. Nel 1979 Piersanti Mattarella formò un secondo governo e si schierò senza se e senza ma, come usa dirsi ai nostri giorni, contro la mafia. Nella prima settimana del febbraio del 1979, sostenne apertamente e con forza la necessità di correttezza e legalità nella gestione dei contributi agricoli regionali, a fronte di una aperta accusa portata dall’onorevole Pio La Torre nei confronti dell’assessorato dell’agricoltura tacciato di corruzione ed illegalità e di collusione con la delinquenza.

Apriti cielo! La DC intervenne con il peso del suo deus ex machina, Giulio Andreotti, che cercò di riportare la pecorella smarrita all’ovile. Ma Piersanti non capiva il linguaggio felpato della volpe della prima repubblica. Eppure Andreotti aveva avuto modo di conoscere in prima persona l’insofferenza della mafia per il comportamento di Matterella. E che Andreotti fosse consapevole dell’insofferenza della mafia è fatto ormai assodato: viene riportato nella sentenza del giudizio di Appello del lungo processo allo stesso divo Giulio, confermata dalla Cassazione nel 2004. Ma l’insofferenza di cosa nostra era anche cosa sua!

6 gennaio 1980

Quella mattina Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana, uscì di casa con la moglie per andare a messa. Salì sulla sua 132.

Un assassino si avvicinò alla macchina e sparò.

9 maggio 1978 ammazzarono Aldo Moro, che aveva ideato e fatto nascere un governo democristiano che, per la prima volta nella storia d’Italia, poteva contare sull’appoggio esterno del PCI.

6 gennaio 1980 ammazzarono Mattarella che aveva creato un governo siciliano di centro sinistra con il sostegno esterno del PCI.

La storia d’Italia slittò verso un terreno infido.

La storia della Sicilia ritornò sui suoi passi.