domenica 25 ottobre 2009

L'iniziazione e la gerarchia delle famiglie


Lavoro di ricerca di Arianna Veloce


Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi ad una religione.[1] Ogni membro, che accetta di entrar a far parte dell'organizzazione, deve sottoporsi al rituale dell'iniziazione. Il candidato viene condotto in una stanza alla presenza del rappresentante della famiglia e di altri semplici uomini d'onore; spesso questi ultimi stanno schierati da un lato, mentre l'iniziato si pone sull'altro. A questo punto il rappresentante della famiglia espone all'iniziato le norme che regolano l''organizzazione, affermando prima di tutto che quella che normalmente viene chiamata mafia, in realtà si chiama Cosa Nostra. Cominciando ad elencare gli obblighi che dovranno essere rigorosamente rispettati: non desiderare la donna di altri uomini d'onore, non rubare, non sfruttare la prostituzione, non uccidere altri uomini d'onore, salvo in caso di assoluta necessità, evitare la delazione alla polizia, non mettersi in contrasto con altri uomini d'onore, dimostrare sempre un comportamento serio e corretto, mantenere con gli estranei il silenzio assoluto su Cosa Nostra, non presentarsi mai ad altri uomini d'onore da soli, in quanto le regole impongono che un altro uomo d'onore, conosciuto da coloro i quali devono mettersi in contatto, garantisca la rispettiva appartenenza a Cosa Nostra, pronunciando le parole: Quest'uomo è la stessa cosa[2]. A questo punto il rappresentante invita l'iniziato a scegliersi un padrino tra gli uomini d'onore presenti e comincia la cerimonia del giuramento. Si tratta di domandare al nuovo venuto con quale mano è solito sparare e di incidere sull'indice di questa mano un piccolo taglietto per farne uscire una goccia di sangue con cui viene imbrattata un'immagine sacra (spesso quella dell'Annunziata, ritenuta padrona di Cosa Nostra). In alcune famiglie è usanza pungere (rito della "punciuta", per cui l'iniziato è detto "punciutu") l'indice con una spina di arancio amaro, in altre, come nella famiglia di Riesi, con una spilla d'oro, che veniva utilizzata esclusivamente per questo rituale. Viene dunque dato fuoco all'immagine e l'iniziato dovrà farla passare da una mano all'altra giurando fedeltà, meritando in caso contrario di bruciare come l'immagine. Contemporaneamente il rappresentante ricorda al neofita in tono severo di non tradire mai le regole dell'organizzazione. A questo punto viene spiegata la gerarchia della famiglia. La cellula base di Cosa nostra è la famiglia con i suoi valori tradizionali: rispetto dei vincoli di sangue, fedeltà, amicizia e onore. La famiglia fa capo ad un unico uomo: il padre-padrone, corrispondente al padre di amiglia. L'onore si accresce attraverso l'obbedienza: in cambio della disponibilità i mafiosi aumentano il loro carico d'onore, ottenendo cosi più denaro, più informazioni e più potere. L'onore comporta però l'obbligo di dire sempre la verità (da ciò discende lo stile notoriamente ellittico degli scambi tra mafiosi), dovere che promuove in un certo qual senso la fiducia reciproca che scarseggia tra i fuorilegge. Ma i doveri di fiducia spiegano anche quegli elementi dell'onore mafioso che riguardano il sesso e il matrimonio. I nuovi iniziati giurano di non trarre guadagno dalla prostituzione e di non andare a letto con la moglie di un altro mafioso, pena la condanna a morte; a tale destino saranno sottoposti inoltre tutti quegli uomini d'onore che ostenteranno le loro ricchezze, e si daranno al gioco d'azzardo. L'onore inoltre esige che un mafioso anteponga gli interessi di Cosa Nostra a quelli dei suoi familiari. Come l'onore mafioso, la religione mafiosa aiuta gli uomini d'onore a giustificare le loro azioni davanti a se stessi, agli altri mafiosi e alle loro famiglie. I mafiosi amano spesso pensare che se uccidono lo fanno in nome di qualcosa più elevato del denaro e del potere: l'onore e Dio. Così per la mafia l'onore diventa un senso del merito professionale, un sistema di valori e il totem di un'identità di gruppo, e come tale non ha niente a che fare con la tradizione siciliana, con il cattolicesimo o con la cavalleria[3]. Ogni famiglia può contare anche 200 o 300 membri, ma la media è di circa 50. Ogni famiglia controlla un suo territorio dove niente può avvenire senza il consenso del capo. Alla base vi è l'uomo d'onore, il soldato, che ha un suo peso nella famiglia indipendentemente dalla carica che vi può ricoprire. Tra loro i mafiosi si definiscono "compari"[4], che equivale al termine di uomo d'onore. L'unione di più famiglie che hanno rapporto di consanguineità o che hanno acquisito una parentela con il comparaggio (che si ottiene facendo da padrino ad un battesimo o da testimone ad un matrimonio), costituisce la cosca. Il legame tra i mafiosi rimane indissolubile a distanza di anni, per cui un picciotto, anche se si trasferisce all'estero, resta sempre affiliato alla famiglia di provenienza. Personaggi leggendari in seno a Cosa Nostra come don Calò Vizzini o Giuseppe Genco Russo o Vincenzo Rimi o Tommaso Buscetta rimarranno per tutta la vita soldati, a dispetto della loro influenza e del loro prestigio. I soldati eleggono il capo che chiamano rappresentante, in quanto tutela gli interessi della famiglia nei confronti di Cosa Nostra. L'elezione si svolge a scrutinio segreto ed è preceduta da una serie di sondaggi e contatti; quasi sempre è confermata all'unanimità. Inoltre i capi delle diverse famiglie di una provincia (Catania, Agrigento, Trapani) nominano il cosiddetto rappresentante provinciale. Questo vale per tutte le province fatta eccezione per quella di Palermo, dove, in genere, un capo mandamento controlla più famiglie contigue su uno stesso territorio, esso è membro della Commissione, o Cupola provinciale. La cupola ha funzione di coordinamento territoriale tra le famiglie, tuttavia nessun omicidio ordinato dalla commissione può essere eseguito senza il benestare della famiglia di competenza. A sua volta questa Cupola nomina un rappresentante alla Commissione Regionale, composta da tutti i rappresentanti provinciali di Cosa Nostra: è questo l'organo massimo dell'organizzazione, che viene chiamata dagli uomini d'onore la Regione. Questa emana i decreti, come quello che proibisce i sequestri di persona in Sicilia, risolve i conflitti e prende tutte le decisioni strategiche.

Attorno a cosa nostra si muovono gruppi non mafiosi (come avveniva per il contrabbando di sigarette prima di quello della droga), che sono generalmente coordinati da singoli uomini d'onore.

La mafia si caratterizza, altresì, per la sua rapidità nell'adeguare valori arcaici alle esigenze del presente, per la sua abilità nel confondersi con la società civile, per l'uso dell'intimidazione e della violenza, per il numero e la statura criminale degli adepti, per la sua capacità ad essere sempre diversa e sempre uguale a se stessa[5]. Un boss mafioso ha un diritto assoluto a tenere sotto sorveglianza la vita dei suoi uomini, può accadere infatti che un mafioso debba chiedere al suo superiore il permesso di sposarsi. È essenziale che il singolo mafioso faccia una scelta giudiziosa quando vuole prendere moglie, infatti, più ancora degli altri mariti, i mafiosi hanno il dovere di tenersi buone le loro consorti, perché cè il rischio che una moglie di mafia, scontenta del comportamento del proprio marito, decida di parlare alla polizia, danneggiando gravemente lintera famiglia. Per dirla con il giudice Falcone la moglie legittima non venga umiliata nel suo ambiente sociale. La donna ha nellorganizzazione non un ruolo decisionale, bensì il compito di tenere lamministrazione del nucleo familiare privato di ogni buon uomo donore. Cura anche i rapporti con la gente e educa i figli a quei principi di cui lorganizzazione è legata, tra cui la vendetta. I giovani infatti sono educati a combattere con tutti e contro tutto, attribuendo il massimo valore al prestigio familiare e personale, da accrescere con mezzi leciti o illeciti. I mafiosi sposano spesso le sorelle e le figlie di altri uomini donore, donne che hanno trascorso la vita in un ambiente mafioso. Può anche accadere che le donne appoggino attivamente il lavoro dei loro uomini, seppur in ruoli subordinati. Le donne non possono essere ammesse nella mafia, infatti lonore è una qualità esclusivamente maschile, ma lonore di un mafioso accresce il prestigio di sua moglie e il buon comportamento di lei a sua volta il carico donore del marito.

Gli studiosi di questo fenomeno sono soliti distinguere tra una vecchia mafia, quella originaria, e una nuova mafia, quella sorta negli anni sessanta, con caratteristiche in parte diverse. Afferma G. Falcone che però è necessario distruggere tale mito, o meglio bisogna convincersi che cè sempre una nuova mafia pronta a soppiantare quella vecchia.



[1] Cose di cosa nostra di Giovanni Falcone in collaborazione con Marcelle Padovani. P. 97

[2] Cose di cosa nostra di Giovanni Falcone in collaborazione con Marcelle Padovani p. 98

Le informazioni sono state tratte dal libro Cose di cosa nostra di Giovanni Falcone in collaborazione con Marcelle Padovani editore Bur e dal libro Cosa nostra di John Dickie editori Laterza

[3] John Dickie, Cosa Nostra, storia della mafia siciliana, Ed. Laterza

[4] Curiosa è la storia del termine il padrino come persona mafiosa: quando Mario Puzo scrisse il suo best seller sulla mafia, tradusse in inglese il termine con cui i mafiosi di un certo rango si chiamavano tra di loro "compari", appunto godfather in inglese, che il traduttore italiano, dimenticando che il termine originariamente era in siciliano, ritradusse pedissequamente in padrino

[5] G. Falcone M. Padovani, Cose di Cosa Nostra, RCS Rizzoli Libri, Milano 1992